La Vita
Figlio di un pastore protestante e primo di sei figli, Vincent Van Gogh nacque il 30 Marzo 1853 nel villaggio di Groot Zundert, nella regione del Brabante settentrionale. A 17 anni si recò all’Aja, dove cominciò a lavorare come apprendista per la filiale di una casa d’arte parigina. Van Gogh potè così apprezzare le opere a sfondo contadino di Millet e quelle della “scuola di Barbizon”. Nel 1873 Vincent venne trasferito alla filiale di Londra, mentre il fratello minore venne assunto in quella di Bruxelles; iniziò così tra i due una intensa corrispondenza. Vincent non amava il suo lavoro di mercante d’arte, voleva seguire le orme di suo padre e diventare un predicatore, così, si licenziò. Si trasferì ad Amsterdam per preparare l’esame d’ingresso alla facoltà di Teologia ma ben presto abbandonò questo progetto per dedicarsi alla predicazione ai poveri. Però la scelta definitiva di Van Gogh fu a favore della professione artistica. Così dedicò ogni energia all’arte; nonostante disegnasse da tempo, Van Gogh non aveva mai ricevuto un’educazione specifica. Cominciò a prendere lezioni dal cugino, ma i loro rapporti si deteriorarono in breve tempo.
Pur continuando a disegnare, cominciò a dedicarsi intensivamente alla pittura a olio, rappresentando con realismo la campagna solitaria e il lavoro nei campi; fu in questo periodo che dipinse “i mangiatori di patate” considerato il suo capolavoro del periodo olandese. Nel marzo del 1985 il padre di Vincent morì improvvisamente e, nonostante i loro rapporti fossero da tempo problematici, l’evento colpì profondamente Van Gogh; nello stesso anno fu sospettato di essere il responsabile della gravidanza di una giovane che gli aveva fatto da modella ed il curato cattolico della cittadina proibì ai contadini di posare per il pittore; così, a fine anno partì nuovamente, per trasferirsi ad Anversa.
Da Anversa ben presto si recò a Parigi dove frequentò diverse lezioni all’atelier di Félix Cormon; sempre a Parigi conobbe personaggi come Toulouse-Lautrec, Monet, Renoir, Degas, Pissarro; ma, inizialmente, le opere degli impressionisti non lo colpirono positivamente. Ben presto, però, cambio opinione e, malgrado non si considerasse impressionista, schiarì notevolmente la propria tavolozza ed espresse grande ammirazione nei confronti dei nudi femminili di Degas e dei paesaggi di Pissarro. Van Gogh aveva cominciato a frequentare la bottega di père Tanguy, uno di quei commercianti di colori che vendevano a poco prezzo i dipinti di giovani artisti anticonvenzionali. Fu presso Tanguy che Vincent strinse amicizia con Emile Bernard e fece la conoscenza di Gauguin. Nel 1887 Van Gogh organizzò una mostra presso il Restaurant du Chatelet, con l’intenzione di riunire tutti i suoi nuovi amici; vi espose parecchie opere di Bernard e Gauguin, ma, con suo grande dispiacere, non parteciparono i neoimpressionisti. La vita a Parigi non si rivelò affatto semplice, così Van Gogh decise di lasciare la capitale per trasferirsi ad Arles. I colori accesi del sud erano esattamente ciò di cui aveva bisogno per sviluppare la sua pittura verso uno stile proprio. Sebbene si sentisse finalmente sulla strada giusta, voleva condividere con amici e colleghi le prorie idee, promuovendo la nascita di una comunità di pittori. Prese in affitto ad Arles la Casa Gialla, protagonista di un celebre dipinto e scrisse a Gauguin e Bernard invitandoli a raggiungerlo. L’invito venne accolto solo da Gauguin; Vincent provava nei confronti di quest’ultimo una profonda ammirazione e desiderava ardentemene la compagnia di qualcuno con cui condividere tempo, idee e passioni. I loro caratteri e le propensioni artistiche tendevano però a scontrarsi. Nel giro di poco più di un mese i loro rapporti si fecero sempre più tesi; Vincent, presagendo la fine del suo sogno, divenne preda di una crescente tensione, finchè, una notte si tagliò l’orecchio destro con un rasoio. Gauguin, appresa la notizia, partì per Parigi senza vedere l’amico. Ripresosi, Vincent parlò in modo sereno del suo stato di esaurimento.
Vincent decise di farsi ricoverare in un manicomio, non lontano da Arles; non riceveva nessuna cura specifica ed aveva il permesso di dipingere anche fuori del ricovero. Se il luogo gli assicurava una certa tranquillità, l’atmosfera deprimente non risollevava certo il morale del pittore, che accettò la propria malattia perdendo ogni speranza di guarigione. Pochi mesi dopo Van Gogh fu preda di una nuova fortissima crisi, che lo gettò in una profonda depressione, aggravata dalla proibizione di dipingere senza autorizzazione. Non potendo uscire, eseguì numerose copie da Millet, Delacroix, Rembrandt e Daumier e cominciò a coltivare il proposito di tornare al nord per evadere da un ambiente sempre più soffocante. Il suo ideale era quello di vivere insieme a un altro pittore e Theo pensò a Pissarro, ma la moglie dell’artista si oppose.
Nel 1890, Van Gogh lasciò la Provenza alla volta di Auvers. Gli ultimi mesi erano stati sereni: dieci suoi dipinti di Arles e Saint-Remy avevano ricevuto grandi apprezzamenti alla nuova esposizione degli Indépendants. Una volta ad Auvers, Vincent entrò in sintonia con il dottor Gachet e nel giro di due settimane aveva già iniziato il suo ritratto. A turbare il suo equilibrio fu però una serie di problemi capitati al fratello minore di cui Van Gogh risentì fortemente e, nuovamente tormentato dall’angoscia, ebbe un violento diverbio con Gachet, fino a rompere i rapporti.
Terrorizzato dall’idea di avere nuovi attacchi, il 27 Luglio si sparò un colpo di rivoltella nei campi, dove era uscito per dipingere. Ferito, tornò in paese, chiudendosi in camera sua; presto fu raggiunto da Gachet e dal fratello, ma il pittore aveva ormai perso ogni volontà di vivere e morì la notte del 29 luglio.
Per Theo il colpo fu terribile e in poche settimane perse la ragione e mori in Olanda sei mesi dopo il fratello.
Fonte: vangogh.altervista.org