Lucia con la voce rotta dal pianto rivela a Renzo e Agnese che , alcuni giorni prima, mentre tornava da lavoro , Don Rodrigo in compagnia di un altro signore aveva tentato di trattenerla. Lei aveva eluso le loro attenzioni ma avava sentito i due scommettere tra di loro. Non aveva detto nulla a Renzo e alla madre per paura di turbarli ma si era rivolta al suo confessore, Fra Cristoforo, che gli aveva consigliato di affrettare il matrimonio. Renzo reagisce al racconto minacciando vendetta mentre Agnese propone di rivolgersi a un avvocato di Lecco , Azzecca-Garbugli. Renzo si mette in cammino verso Lecco. Lungo la strada, agitato e incollerito, dà continui strattoni ai capponi che ha in mano: le povere bestie, pur accomunate da un triste destino, si beccano tra loro. Ciò dà l’occasione all’Autore per riflettere sulla mancanza di solidarietà tra gli uomini. Giunto alla casa di Azzecca-garbugli e consegnati i capponi a una serva, Renzo viene fatto accomodare nello studio: uno stanzone disordinato e polveroso in cui spiccano, alle pareti, i ritratti degli imperatori romani, simbolo del potere assoluto. Il dottore lo accoglie indossando una toga consunta che lo fa apparire decrepito quanto i mobili della stanza. Entrato nello studio Renzo cerca di spiegare l’accaduto. Ma tra di loro nasce un equivoco : Azzecca Garbugli intende la vicenda a rovescio e scambia il giovane per un bravo in cerca di protezione. Esibisce allora carte su carte, le quali riportano leggi dettagliatissime e severissime anche per il loro caso. L’avvocato si dimostra tuttavia disposto ad aiutarlo, spiegando che il reato sia grave ma facilmente risolvibile, se soltanto si ottenga una protezione di qualche potente. Renzo intuisce a questo punto l’equivoco e spiega all’avvocato come stiano in realtà le cose. Quando però pronuncia il nome di Don Rodrigo come mandante del sopruso ricevuto, Azzecca Garbugli si adira e lo mette bruscamente alla porta . Intanto Lucia e Agnese si consultano nuovamente tra loro e decidono di chiedere aiuto anche a fra Cristoforo. In quel momento giunge fra Galdino un umile frate laico, in cerca di noci per il convento di Pescarenico, lo stesso dove vive il padre Cristoforo. Per eludere le domande del fraticello circa il mancato matrimonio si porta il discorso sulla carestia; fra Galdino racconta allora un aneddoto riguardante un miracolo avvenuto in Romagna. Un cappuccino, padre Macario, dissuade un uomo dal tagliare un noce ormai sterile, predicendo una formidabile raccolta di noci, la metà delle quali avrebbe dovuto essere destinata al convento. Come predetto dal frate, l’albero fruttifica in maniera straordinaria, ma nel frattempo il proprietario è morto e l’erede si rifiuta di donare al convento la parte concordata. A causa di questo rifiuto, le noci raccolte si trasformano in foglie secche. Lucia dona a fra Galdino una gran quantità di noci affinché egli, non dovendo continuare la raccolta, possa recarsi subito al e riferire a Fra Cristoforo l’urgenza di parlargli. Renzo fa ritorno alla casa di Lucia e racconta il deludente esito del suo colloquio con Azzecca-garbugli. Tra Renzo e Agnese si accende una piccola discussione, subito placata da Lucia, circa la validità del consiglio di rivolgersi all’avvocato. Dopo alcuni sfoghi di Renzo ed altrettanti inviti alla calma da parte delle donne, il giovane torna a casa propria mandando minacce all’indirizzo del proprio nemico.
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