Renzo, ormai completamente ubriaco, abbandona la sala dell’osteria, tra saluti e risa. Accompagnato e sorretto dall’oste raggiunge poi la camera che gli è stata destinata. Giunto in camera, l’oste lo sveste , si riesce a far pagare la pigione e compie un ultimo inutile tentativo di farsi dire nome e cognome per registrarlo . L’oste, uscito dalla camera del ragazzo , decide di andare al palazzo di giustizia per denunciare Renzo e, dopo molte raccomandazioni, affida la cura dell’osteria alla moglie. Camminando lungo le strade di Milano, si imbatte in personaggi dall’aria fosca e in drappelli di soldati. Inizia così un lungo soliloquio, durante il quale, alle espressioni di disappunto per quell’uscita fuori programma, si mischiano considerazioni di tipo politico. Nel palazzo di giustizia regna il caos, dovuto alla giornata di rivolta e ai preparativi per respingerne una nuova. L’oste fa la sua deposizione, ma rimane meravigliato del fatto che la polizia sia già informata di tutto sul conto di Renzo grazie all’operato della misteriosa guida. Quest’ultimo infatti era un poliziotto travestito, incaricato di identificare i responsabili dei tumulti. Il mattino seguente, il notaio criminale e due birri entrano nella camera di Renzo e e lo invitano ad alzarsi e a seguirli al palazzo. Intimorito dal rumore che viene dalla strada e che sembra annunciare nuovi tumulti, il notaio abbandona subito l’atteggiamento autoritario e, con le buone, cerca di indurre Renzo a seguirli. Il funzionario si mostra eccessivamente gentile ed afferma che si tratta di una pura formalità, ma il giovane non gli presta fede e comincia ad elaborare un piano per far intervenire la folla a suo favore. Scesi in strada, i due birri danno una stretta alle manette di Renzo, il quale, con grida e gesti, richiama l’attenzione dei passanti. Approfittando della piccola folla che si è formata attorno al gruppetto, il giovane chiede aiuto. Per sfuggire al linciaggio, i birri e il notaio, abbandonano il prigioniero e si confondono tra la folla.
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