Dante e Virgilio giungono alla rovina del ponte crollato, tanto erta da essere impraticabile al vivo; dopo l’iniziale turbamento della guida e di riflesso anche dell’allievo per la difficoltà della risalita, Virgilio esorta Dante e lo aiuta nell’impresa che infine, dopo molta fatica e qualche rischio, li conduce sull’argine della settima bolgia. Dal nuovo fossato si leva una voce incomprensibile: dato che l’oscurità non permette di vedere dal ponte quello che succede sul fondo, i due scendono nella bolgia. Il luogo è infestato da ogni tipo di serpenti, con i quali sono legate dietro la schiena le mani dei peccatori, i ladri. Uno di questi, trafitto fra il collo e le spalle da una serpe, viene incenerito all’istante, ma, subito dopo, riprende sembianze umane risorgendo dalle sue ceneri come l’araba fenice. A compiere la metamorfosi è il pistoiese Vanni Fucci, ladro sacrilego, che, per vendicarsi della curiosità di Dante, gli profetizza l’ascesa dei guelfi neri a Firenze e la rovinosa sconfitta della parte bianca a Pistoia.
Fonti: italica.rai.tv