BOTTICELLI
Alessandro di Mariano Filipepi , detto Botticelli , nacque a Firenze nel 1445, ultimo di quattro figli crebbe in una famiglia modesta ma non povera, mantenuta dal padre , che faceva il conciatore di pelli ed aveva una sua bottega. Il fratello Antonio era un orefice, per cui è molto probabile che iniziò a lavorare nella bottega del fratello. Il suo apprendistato si svolse nella bottega del Lippi dove ha imparato la linea disegnativa fiorentina , potenziandola poi attraverso contatti col Verrocchio e vivificandola con la conoscenza del Pollaiolo.
La scoperta del cadavere di Oloferne , Il ritorno di Giuditta: La prima tavola e la seguente formano un dittico. Vi è narrata la storia di Giuditta , giovane eroina ebrea , che , secondo la bibbia, per liberare la città di Betulia assediata da Oloferne, si recò con un ancella al campo del generale , lo sedusse, e ubriaco , lo decapitò , tornando poi nella sua città. La prima scena è ambientata nella tenda di Oloferne e mostra i suoi dignitari che scoprono con orrore il corpo decapitato nel suo letto; la seconda mostra Giuditta che incede con passo sicuro verso la sua città, seguita dall’ancella che tiene in un cesto coperto da un lenzuolo la testa mozzata del nemico. Nella tavoletta di Oloferne il corpo del condottiero giace nudo sul letto, con un’anatomia perfetta costruita con una linea di contorno tesa ed elastica derivata dalla lezione del Pollaiolo, avvolto da lenzuola e da cuscini gonfi che creano un segno robusto tipico dell’espressività di Botticelli. Pesante è anche il panneggio della tenda, che scopre al centro un piccolo paesaggio campestre, e che accentua il senso di cupa drammaticità senza però impedire alla luce di entrare all’interno, lasciandola rifrangere sulle corazze e sulle ricche bardature. La composizione è impostata su geometria non palese e le figure sono poste in diversi piani; inoltre, la modellazione di quest’ ultime è incisiva, e marcato è l’espressionismo della scena, con le figure che esprimono vari sentimenti, dallo sgomento al raccapriccio, dalla sorpresa allo smarrimento. Le linee di forza dirigono lo sguardo dello spettatore sia verso il corpo privo di testa, sia verso la figura del soldato vestito di armatura che si piega per sollevare il lenzuolo di Oloferne scoprendone il tronco. A destra stanno arrivando due sereni personaggi a cavallo, che ancora non sono toccati dalla macabra scoperta, dimostrando l’accortezza del pittore di rappresentare diversi stati d’animo che movimentano la narrazione della storia. Nella tavoletta di Giuditta la drammaticità e la violenza che caratterizzano il primo episodio scompaiono totalmente e al posto dell’opprimente tenda ci si ritrova in un liberatorio spazio aperto. Ciò è sottolineato dai colori più chiari e dalla composizione più sgombra, con panneggi che si fanno leggerissimi e si intridono di luce. Le due donne incedono su un poggiolo, voltandosi come per assicurarsi di non essere inseguite dal nemico, e accelerando il passo come se fossero senza peso, soprattutto come si nota nell’ancella. Giuditta tiene in mano la sciabola con cui ha decapitato il tiranno e nella mano destra un rametto d’ulivo, simbolo della pacificazione guadagnata. In lontananza viene descritta la campagna piena di armati.
La primavera : La tavola venne dipinta per Lorenzo de Medici. L’opera è ambientata in un boschetto di aranci (il giardino delle Esperidi) e va letta da destra verso sinistra, forse perché la collocazione dell’opera imponeva una visione preferenziale da destra. Zefiro (o Boreo), vento di primavera che piega gli alberi, rapisce per amore la ninfa Clori, mettendola incinta; da questo atto ella rinasce trasformata in Flora, la personificazione della stessa primavera rappresentata come una donna dallo splendido abito fiorito che sparge a terra le infiorescenze che tiene in grembo. A questa trasformazione allude anche il filo di fiori che già inizia a uscire dalla bocca di Clori durante il suo rapimento. Al centro campeggia Venere, inquadrata da una cornice simmetrica di arbusti, che sorveglia e dirige gli eventi, quale simbolo neoplatonico dell’amore più elevato. Sopra di lei vola il figlio Cupido, mentre a sinistra si trovano le sue tre tradizionali compagne vestite di veli leggerissimi, le Grazie, occupate in un’armoniosa danza in cui muovono ritmicamente le braccia e intrecciano le dita .Chiude il gruppo a sinistra un disinteressato Mercurio, coi tipici calzari alati, che col caduceo scaccia le nubi per preservare un’eterna primavera. Nell’opera sono leggibili alcune caratteristiche stilistiche tipiche dell’arte di Botticelli: innanzitutto l’innegabile ricerca di bellezza ideale e armonia, emblematiche dell’umanesimo .Egli crea pose sinuose e sciolte, gesti calibrati, profili idealmente perfetti. L’attenzione al disegno non si risolve mai in effetti puramente decorativi, ma mantiene un riguardo verso la volumetria e la resa veritiera dei vari materiali, soprattutto nelle leggerissime vesti.
Disegno illustrativo della Divina Commedia : il disegno illustra il canto XXIII del Paradiso. Le fiammelle sono gli spiriti trionfanti attorno a Cristo.
La nascita di Venere : Venere avanza leggera fluttuando su una conchiglia lungo la superficie del mare increspata dalle onde, in tutta la sua grazia e bellezza .Viene sospinta e riscaldata dal soffio di Zefiro, il vento fecondatore, abbracciato a un personaggio femminile .Sulla riva una fanciulla, una delle Ore che presiede al mutare delle stagioni, in particolare la Primavera, porge alla dea un magnifico manto rosa ricamato di fiori per proteggerla. Essa rappresenta la casta ancella di Venere ed ha un vestito setoso riccamente decorato con fiori e ghirlande di rose e fiordalisi. Botticelli torna alla disposizione delle figure su un piano anteriore e alla continuità della linea. Il disegno è armonico, delicato; le linee sono elegantissime e creano, nelle onde appena increspate, nel gonfiarsi delle vesti, nel fluire armonico dei capelli della dea e nello stesso profilo della spiaggia, dei giochi decorativi sinuosi e aggraziati.
La Calunnia : La scena è ambientata in un edificio classico con archi e volte a botte, nicchie con statue, bassorilievi; di impianto romano invece che greco. Il quadro va letto da destra verso sinistra: re Mida (riconoscibile dalle orecchie d’asino), nelle vesti del cattivo giudice, è seduto sul trono, consigliato da Ignoranza e Sospetto; davanti a lui sta il Livore (cioè il “rancore”), l’uomo con il cappuccio nero, coperto di stracci che tiene per il braccio la Calunnia, donna molto bella, che si fa acconciare i capelli dall’ Insidia e Frode, mentre trascina a terra il Calunniato impotente e con l’altra mano impugna una fiaccola che non fa luce, simbolo della falsa conoscenza; la vecchia sulla sinistra è il Rimorso e l’ultima figura di donna sempre a sinistra è la Nuda Veritas, con lo sguardo rivolto al cielo, come a indicare l’unica vera fonte di giustizia. Nel rigore architettonico il dinamismo delle figure appare più che mai evidenziato ;tema stilistico dominante è il fluire della linea, oltre al colore vibrante e l’intonazione drammatica.
Natività mistica : Il soggetto della tavola è la natività di Cristo, interpretata come un’adorazione del Bambino da parte di Maria, dei pastori e dei Magi tra cori angelici. Al centro si trova la grotta della natività, forata sul dietro per lasciar intravedere il bosco e coperta da una tettoia di paglia retta da tronchi, con il Bambino al centro su un giaciglio coperto da un telo bianco, la giganteggiante Vergine a destra e il sonnolento Giuseppe a sinistra; dietro si vedono il bue e l’asinello, simboli tradizionali di ebrei e pagani che assistettero all’evento senza prendervi parte. l resto delle figure è disposto in maniera strettamente ritmica, generando simmetrie e andamenti che hanno la cadenza di un balletto. A sinistra un angelo vestito di rosa accompagna i tre re Magi; a destra uno vestito di bianco indica il Bambino a due pastori. Entrambi tengono in mano rami d’ulivo, simbolo di pace. In basso, ai piedi di un sentierino tra rocce scheggiate, tre gruppi mostrano l’abbraccio e il bacio di comunione tra angeli e personaggi laureati, quindi virtuosi, mentre sul terreno cinque diavoletti fuggono spaventati trafiggendosi coi loro stessi forconi e ricacciandosi nelle profondità attraverso le crepe del suolo: si tratta probabilmente di una visione profetica della liberazione dell’umanità dal male. Sopra la tettoia tre angeli, con le vesti che ricordano i colori delle tre Virtù teologali (sinistra bianco per la Fede, rosso per la Carità e verde per la Speranza) intonano un canto reggendo un corale tra le mani. Più in alto, oltre il boschetto che circonda la grotta, fatto di slanciati alberelli disposti a semicerchio, e il cielo azzurrino, si apre un piccolo pezzo di paradiso, su fondo oro, dove un gruppo di dodici angeli inscena un vorticoso carosello tenendosi per mano e reggendo rametti d’ulivo a cui sono appesi nastri svolazzanti e corone.. La tavola è caratterizzata da colori squillanti ripetuti ritmicamente (come nelle vesti alternate degli angeli) e da una disposizione estremamente libera delle figure, ormai lontana dalla rigida geometria prospettica della cultura fiorentina del primo Quattrocento. Numerosi sono gli elementi arcaizzanti, a partire dal fondo oro, per proseguire con le proporzioni gerarchiche, che rimpiccioliscono gli angeli rispetto alla Sacra Famiglia .Lo spazio invece appare notevolmente dilatato, grazie allo stratagemma di aprire un varco nella grotta e di disporre i personaggi su più piani, che aumenta il senso di profondità. Se forti sono le simmetrie e i ritmi di fondo, nel dettaglio gli atteggiamenti dei personaggi sono i più vari e creano un dinamismo che non manca mai nelle opere dell’artista. Forte è la componente visionaria, che contraddice però proprio questa attitudine a forme conservatrici, dal cui contrasto scaturisce la particolarità del dipinto.