Io vidi un tempo cavalieri mettersi in marcia, e iniziare l’assalto e fare evoluzioni durante le parate, e a volte ritirarsi per mettersi in salvo; vidi soldati a cavallo sul vostro suolo, o Aretini, e vidi fare incursioni devastatrici, scontrarsi le squadre nei tornei e cimentarsi i singoli nei duelli; a volte con trombe, e a volte con campane, con tamburi e con segnali dalle fortezze, e con strumenti nostri e forestieri; ma certamente mai con un così insolito zufolo vidi partire cavalieri o fanti, o nave ad un segnale dato dalla riva o indicato da una costellazione. Noi procedevamo con i dieci diavoli: ah, paurosa compagnia! ma in chiesa si sta con i santi, e nell’osteria con i furfanti. La mia attenzione era rivolta costantemente alla pece, per osservare ogni aspetto della bolgia e della moltitudine che in essa era bruciata. Come i delfini, quando, inarcando il dorso, avvertono i marinai d’ingegnarsi a salvare la loro nave, così talvolta, per alleviare la sofferenza, qualcuno dei dannati esponeva la schiena, e la celava più rapido del lampo. E come i ranocchi stanno sull’ orlo dell’acqua di un fossato col solo muso fuori, in modo da nascondere le zampe e il resto del corpo, così i peccatori stavano da ogni parte; ma non appena Barbariccia si avvicinava, subito si ritiravano sotto la pece bollente. Vidi, e ancora il mio cuore ne prova sgomento, uno di loro stare in attesa, così come accade che una rana resta ferma e un’altra spicca il salto; e Graffiacane che più degli altri gli stava di fronte, gli afferrò con l’uncino i capelli impeciati e lo sollevò, in modo che mi sembrò, una lontra. Io conoscevo già il nome di tutti quanti i diavoli. poiché li avevo con tanta cura annotati quando vennero scelti, e poi avevo fatto attenzione al modo in cui si chiamavano l’un l’altro. ” O Rubicante, fa in modo di mettergli addosso gli artigli, in modo da scuoiarlo! ” urlavano concordi i malvagi. E io: ” Maestro, cerca, se puoi, di sapere chi è lo sventurato caduto in balìa dei suoi nemici “. Virgilio gli si avvicinò fermandosi al suo fianco; gli chiese di dove fosse, e quello rispose: ” Io fui nativo del regno di Navarra. Mia madre, che mi aveva generato da un furfante, suicida e scialacquatore, mi mise al servizio di un signore. Fui in seguito alla corte del valente re Tebaldo: qui mi diedi ad esercitare la baratteria; del quale peccato rendo conto in questo bollore “. Tebaldo Il, re di Navarra dal 1253 al 1270, ebbe fama di sovrano munifico, giusto e clemente. E Ciriatto, al quale dalla bocca sporgeva da ogni parte una zanna come a un cinghiale, gli fece sentire come una di esse lacerava. Il topo era capitato tra gatte cattive; ma Barbariccia lo circondò con le braccia, e disse: ” State lontani, finché lo tengo stretto “. E rivolse il viso a Virgilio: ” Chiedi ancora ” disse ” se desideri sapere altro da lui, prima che qualcuno ne faccia scempio “. Allora Virgilio: ” Dimmi dunque: degli altri malvagi che stanno sotto la pece, conosci qualcuno che sia italiano ? ” E quello: ” Io mi allontanai, poco fa, da uno che fu di quelle parti: potessi ancora essere sotto la pece con lui! non avrei infatti da temere artiglio né uncino “. Pure Draghignazzo lo volle colpire giù nelle gambe; per cui il loro capo si volse tutto intorno con espressione adirata. Quando costoro si furono un po’ quietati, Virgilio senza indugio domandò a lui, che ancora osservava la sua ferita: “Chi fu quello dal quale dici che facesti male a separarti per avvicinarti alla riva ? ” Ed egli rispose: “Fu frate Gomita, quello di Gallura, ricettacolo d’ogni inganno, il quale ebbe in suo potere i nemici del suo signore, e li trattò in maniera tale che ognuno se ne compiace. Prese denaro, e li lasciò andare liberi con procedimento sommario, così come egli stesso dice; e anche neglì altri incarichi non fu barattiere da poco, ma sommo. Sta spesso con lui messer Michele Zanche di Logudoro; e le loro lingue, nel parlare della Sardegna, non avvertono mai la stanchezza. Michele Zanche governò il giudicato di Logudoro (Sardegna nord-orientale) per incarico di re Enzo, figlio dell’imperatore Federico Il. Fu ucciso a tradimento da uno dei suoi generi, il genovese Branca D’Oria. Ahimè, guardate l’altro diavolo che digrigna i denti; parlerei ancora, ma temo che quello si prepari a graffiarmi “. E il grande capo, rivolto a Farfarello che stralunava gli occhi pronto a colpire, disse: ” Tirati in là, uccellaccio “. ” Se voi desiderate vedere o ascoltare ” riprese a dire quindi quello spaventato “Toscani o Lombardi, io ne farò arrivare; ma che i Malebranche si tengano un po’ in disparte, in modo che essi non temano le loro punizioni; ed io, stando in questo stesso luogo. per uno solo che sono, ne farò venire parecchi quando fischierò, come è nostra abitudine fare allorché qualcuno di noi si tira fuori.” Cagnazzo a queste parole alzò il muso, scrollando la testa, e disse: ” Senti, I’astuzia che ha escogitato per tuffarsi giù! ” Per cui egli, che conosceva raggiri in abbondanza, rispose: ” Sono fin troppo astuto, dal momento che causo maggior dolore ai miei compagni “. Alichino non si trattenne e, in contrasto con gli altri demoni gli disse: ” Se tu ti immergi, io non ti inseguirò correndo, ma volerò sulla pece: si abbandoni la sommità dell’argine, e l’argine stesso sia a noi riparo, per vedere se tu da solo sei più abile di noi “. O lettore, saprai di un gioco strano ogni diavolo rivolse lo sguardo verso la parte opposta dell’argine; e per primo quello (Cagnazzo) che era stato il più restio a fare ciò. Di ciò ognuno si sentì colpevole, ma maggìormente quello che era stato causa dello sbaglio; perciò si slanciò e gridò: ” Tu sei preso ! ” Ma a poco gli servì perché le (sue) ali non poterono avere la meglio, sulla paura (del Navarrese) : quello s’immerse, e questo volando diresse verso l’alto il petto: non diversamente l’anitra si tuffa nell’acqua all’improvviso, quando si avvicina il falcone, e questo se ne torna su indispettito”e spossato. Ma Caicabrina adirato per la beffa, lo seguì volando, preso dal desiderio che il Navarrese si salvasse per aver modo di azzuffarsi con Alichino; e non appena il barattiere fu scomparso, immediatamente rivolse gli artigli contro Il suo compagno, e con lui si avvínghiò sopra lo stagno. Ma l’altro fu davvero un rapace sparviero nell’artigliarlo a dovere, e caddero entrambi nel mezzo della palude bollente. Il calore immediatamente li separò; ma uscirne era impossibile, a tal punto avevano le ali invischiate. Barbariccia crucciato insieme agli altri suoi compagni, ordinò che quattro volassero fin sull’altra sponda con tutti i loro uncini, e questi, molto velocemente di qua, di là, calarono nel posto indicato: tesero gli uncini in direzione degli invischiati, che erano già bruciati sotto la pelle diventata dura e noi li abbandonammo mentre si trovavano in queste difficoltà.
Fonti: parafrasidivinacommedia.jimdo.com