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Machiavelli: Il Principe e il rapporto virtù-fortuna

Machiavelli nel Principe teorizza come ideale un principato assoluto, nonostante egli si sia formato nella scuola repubblicana e abbia sempre creduto nei valori della repubblica; il suo modello è la Repubblica Romana, che esalta nella sua opera “Discorsi”.

Dedica il principe a Lorenzo De’ Medici probabilmente con lo scopo di riottenere incarichi politici, ciò si evince dalla lettera a Francesco Vettori, nella quale esprime il desiderio di essere richiamato in servizio.

Non bisogna, tuttavia, per quanto scritto, accusare Machiavelli di opportunismo in quanto costruisce il suo modello osservando la realtà (concetto di realtà effettuale delle cose). Nel XVI secolo, infatti, l’Italia si trova in un periodo di continue lotte interne e cerca di indicare la via di una sua possibile soluzione con un principe dotato di eccezionali virtù.

Tali virtù consistono nel conoscere la verità effettuale e le sue leggi, nel saper riconoscere quale sia l’azione più efficace, nel saper prendere una decisione tralasciando la nozione di bene ecc.

La virtù ha però, secondo Machiavelli, un limite, questo limite è la fortuna che incide per metà sui problemi umani, l’altra metà sta nel potere decisionale dell’uomo.

Per quanto concerne lo stile Il Principe è caratterizzato da un andamento paratattico e da un massiccio uso di paragoni e similitudini e metafore tutte basate sulla concretezza.

Virtù-Fortuna

Machiavelli definisce la virtù come tutto ciò che rientra nell’agire umano libero e consapevole, e la fortuna come l’insieme degli eventi non determinati dalla volontà, che influiscono sull’andamento della vita.

Servendosi della metafora del centauro, mezzo uomo e mezzo animale, l’autore sostiene che il principe deve saper utilizzare la propria umanità e la propria brutalità tipica di un animale, talvolta è necessario, infatti, diventare bestia.

Della bestia bisogna assumere i caratteri della “golpe e lione”, astuto ed aggressivo a seconda delle necessità.

La fortuna, afferma l’autore, determina almeno il cinquanta per cento delle azioni umane. Il concetto di fortuna è differente dal concetto medievale di “divina provvidenza”, come quella di dante ad esempio perchè la fortuna di Machiavelli non è legata ad alcuna entità trascendente e non è finalizzata ad alcuno scopo.

L’autore paragona la fortuna ad un fiume in piena: impetuoso e pericoloso, ma gestibile mediante l’utilizzo di argini.

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