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Cicerone – La Spada di Dàmocle

Dionysius, Syracusarum tyrannus, cum quidam ex eius adsentatoribus, Damocles, commemoraret in sermone copias eius, opes, maiestatem dominatus, rerum abundantiam, magnificentiam aedium regiarum, negaretque umquam beatiorem quemquam fuisse: “Visne igitur” inquit “o Dàmocle, quoniam te haec vita delectat, ipsam eam degustare et fortunam experiri meam?”. Cum se ille cupere dixisset, conlocari iussit hominem in aureo lecto, magnifics operibus picto, abacosque complures ornavit argento auroque caelato. Tum ad mensam eximia forma pueros iussit consistere eique diligenter ministrare. Aderant unguenta, coronae, mensae conquisitissimis epulis extruebantur: fortunatus sibi Damocles videbatur. In hoc medio apparatu fulgentem gladium e lacunari saeta quina aptum demitti iussit, ut impenderet illius beati cervicibus. Itaque nec pulchros illos ministratores aspiciebat nec plenum artis argentum nec magnum porrigebat in mensam. Denique exoravit tyrannum ut abire liceret, quod iam beatus nollet esse.

Analisi del periodo

Dionysìus, Syracusanorum tyrannus, ipse iudicavit // quam esset beatus. Nam, // cum quidam ex eius adsentatoribus, Damòcles, commemoraret in sermone copias eius, opes, maiestatem dominationis, rerum abundantiam, magnificentiam aedium regiarum, negaretque umquam beatiorem quemquam fuisse : “Cupisne (= “ne ” particella interr. diretta ) igitur – inquit – o Damòcles,// quoniam te haec vita delectat, // ipse eam degustare et fortunam experiri meam?” Cum ille // se cupere // dixisset, Dionysius // collocari iussit // hominem in aureo lecto, strato ( partic. attributivo da “sterno” rif. a “lecto” ) pulcherrimo textili stragulo, magnificis operibus picto ( partic. attributivo legato a “lecto” ), abacosque complures ornavit argento auroque caelato.

principali

interrogativa indiretta

cum narrativo

infinitiva

causale

Traduzione

Dioniso, tiranno dei Siracusani, giudicò come egli stesso fosse beato. Infatti, poichè uno dei suoi adulatori, Damocle, ricordava in un suo discorso le sue milizie, l’autorità, la grandezza del regno, l’abbondanza delle ricchezze, la magnificenza della reggia, e diceva che non c’era mai stato qualcuno più beato: Desideri dunque -disse- oh Damocle, poichè questa vita ti piace, assaggiarla e sperimentare la mia fortuna?”. Avendo egli detto che lo desiderava, Dioniso comandò che l’uomo fosse posto su un letto d’oro, con uno strato bellissimo di una coperta tessuta, ornato di magnifiche ricchezze , e ornò le molte tavolette di oro e di argento cesellato. Quindi comando che i servi scelti restassero alla mensa e li servissero diligentemente quando intuivano il cenno del suo capo. C’èerano unguenti, corone; erano bruciati odori, le mense erano preparati con squisitissime pietanze. Damocle si riteneva fortunato. Dioniso comandò che nel mezzo della tavolata fosse appesa una spada lucente attaccata con un crine di cavallo al soffitto, affichè sovrastasse le cervici di quel beato. Pertanto non guardava quei bei servitori nè l’abbondante argento delle opere d’arte nè porgeva la mano alla mensa, già le stesse corone si dileguavano; infine il tiranno lo pregò di andarsene poichè non desiderava più essere beato. Così Dioniso dimostrò che niente era felice per lui, sul quale pendeva sempre qualche paura.

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