Ita ancipiti proelio diu atque acriter pugnatum est. Diutius cum sustinere nostrorum impetus non possent, alteri se, ut coeperant, in montem receperunt, alteri ad impedimenta et carros suos se contulerunt. Nam hoc toto proelio, cum ab hora septima ad vesperum pugnatum sit, aversum hostem videre nemo potuit. Ad multam noctem etiam ad impedimenta pugnatum est, propterea quod pro vallo carros obiecerunt et e loco superiore in nostros venientes tela coiciebant et non nulli inter carros rotasque mataras ac tragulas subiciebant nostrosque vulnerabant. Diu cum esset pugnatum, impedimentis castrisque nostri potiti sunt. Ibi Orgetorigis filia atque unus e filiis captus est. Ex eo proelio circiter hominum milia CXXX superfuerunt eaque tota nocte continenter ierunt [nullam partem noctis itinere intermisso]; in fines Lingonum die quarto pervenerunt, cum et propter vulnera militum et propter sepulturam occisorum nostri [triduum morati] eos sequi non potuissent. Caesar ad Lingonas litteras nuntiosque misit, ne eos frumento neve alia re iuvarent: qui si iuvissent, se eodem loco quo Helvetios habiturum. Ipse triduo intermisso cum omnibus copiis eos sequi coepit.
Traduzione:
A lungo e con accanimento si combattè da ambo i fronti. Non potendo resistere più a lungo agli assalti dei nostri, alcuni, come già avevano cominciato a fare, si ritirarono sull’altura, altri arretrarono nelle retrovie dove erano stati ammassati i carri e le salmerie. Infatti, per tutta la durata della battaglia, sebbene si fosse combattuto dall’ora settima fino al tramonto, nessuno potè vedere il nemico in fuga. Nei pressi delle salmerie si combattè addirittura fino a notte inoltrata, perché (i nemici) disposero i carri a guisa di una trincea e dall’alto scagliavano frecce contro i nostri che incalzavano, e per giunta alcuni, appostati tra i carri e le ruote, scagliavano dal basso lance a due punte (le matare galliche) e giavellotti (le tragule usate dai popoli della Gallia), ferendo i nostri. Dopo un lungo combattimento, i nostri si impadronirono dell’accampamento e delle salmerie. Qui la figlia e uno dei figli di Orgetorige furono fatti prigionieri. A quello scontro sopravvissero circa centotrentamila Elvezi, e marciarono ininterrottamente per tutta la notte [senza fermarsi mai nemmeno nelle notti seguenti]; il quarto giorno (quindi dopo tre giorni di marcia) raggiunsero il territorio dei Lingoni, mentre i nostri non poterono inseguirli [essendosi attardati per tre giorni] sia per curare le ferite dei soldati sia per dare sepoltura ai morti. Cesare inviò ai Lingoni una lettera e dei messaggeri affinché non dessero aiuto agli Elvezi con cibo o altro: in caso contrario (alla lettera, “se avessero recato aiuto”) li avrebbe trattati alla stessa stregua degli Elvezi. Dopo un intervallo di tre giorni lo stesso (Cesare) riprese ad inseguirli con tutte le truppe.