Dante è sconvolto dallo spettacolo cruento della nona bolgia, e solo al rimprovero di Virgilio e all’esortazione a riprendere il viaggio dichiara la ragione del suo indugio: egli crede di aver riconosciuto un suo parente fra i seminatori di discordia, il fiorentino Geri del Bello, disdegnoso verso di lui a causa della morte violenta non ancora vendicata dai congiunti. Quindi Dante e Virgilio raggiungono il ponte sulla decima e ultima bolgia dove, per l’oscurità, possono solo sentire il puzzo e i lamenti dei dannati; una volta scesi nel fossato lo vedono occupato dai falsari che giacciono stipati come in un ospedale, colpiti dalle più ripugnanti malattie. Fra i dannati i due incontrano Griffolino d’Arezzo e Capocchio da Siena, appoggiati l’uno alle spalle dell’altro e intenti a grattarsi le croste della scabbia che li punisce per aver falsificato i metalli praticando l’alchimia. Dante commenta l’episodio lamentando la vanità dei senesi, confermata anche da Capocchio che elenca ironicamente alcuni suoi concittadini famosi per la loro vita dissipata.
Fonti: italica.rai.tv