Il De rerum natura (letteralmente: La natura delle cose) è l’unica opera di Lucrezio che ci sia pervenuta. Oggi è considerato un poema didascalico d’argomento filosofico che, degno della tradizione greca, aveva come obiettivo quello di divulgare ai romani la filosofia epicurea attraverso l’uso della poesia (in esametri). Il tema principale è quello della religione che a Roma nel I sec. a.C. influenzava fortemente la vita dell’uomo, il poeta latino ha cercato dunque di diffondere una visione laica attraverso il sapere greco.
L’opera è composta da sei libri raggruppabili in tre diadi (sezioni di due libri) che trattano rispettivamente della fisica, dell’antropologia e della cosmologia di Epicuro. Molti sono gli elogi a Epicuro presentato, da Lucrezio, come il primo uomo che ha osato sfidare quelle credenze e quelle superstizioni che hanno fin dai tempi più antichi oppresso la vita umana. Il pensatore greco afferma, infatti, che non si deve temere la morte, in quanto è solo una liberazione dalle sofferenze, né si devono temere pene e castighi divini, in quanto gli dei vivono negli intermundia e sono estranei alla vita umana. Nulla è stato creato per volere divino; secondo la fisica epicurea gli atomi, particelle indivisibili e indistruttibili, viaggiano incessantemente nel vuoto e, attraverso una deviazione casuale (clinamen), si aggregano dando origine a ogni cosa.
Lo scopo della vita non è dunque pregare gli dei, ma raggiungere la felicità attraverso il piacere (hedone).
Nonostante epicuro condanna la poesia, Lucrezio la sceglie per rendere l’opera più accattivante e appassionante, cosa che la prosa non consente di fare.