La bella immagine dell’aquila, che faceva liete le anime intrecciate nel dolce godimento della visione di Dio, si mostrava innanzi a me colle ali aperte. Ciascuna di quelle anime pareva un rubino in cui ardesse un raggio di sole così acceso, che riflettesse nei miei occhi la sua immagine [del sole]. E quello che mi conviene ora descrivere non fu mai annunziato da voce umana, né fu espresso per iscritto, né fu giammai compreso per forza di fantasia; perché io vidi e anche udii parlare il becco dell’aquila e nella voce che ne usciva udii Io e Me, mentre nel concetto era Noi e Nostro. E cominciò: «Per essere io stato giusto e pio sono ora esaltato a quella gloria che è maggiore di ogni altro desiderio; e tale fu la memoria che io lasciai di me sopra la terra, che ivi le genti malvagie lodano la mia memoria ma non imitano le mie gloriose azioni narrate dalla storia». Così un sol calore si fa sentire da molta brace come di molti amori un solo suono usciva dal rostro di quella immagine. Onde io appresso soggiunsi: «O anime che infiorate il Paradiso, che mi fate parere uno solo tutti i vostri canti, ponete fine, col vostro parlare, alla mia ignoranza che mi ha tenuto a lungo in desiderio, non trovando io in terra schiarimento alcuno che mi appaghi del dubbio che mi inquieta. Io so bene che, se la divina giustizia su in cielo fa suo specchio altro ordine di spiriti beati, con tutto ciò anche il nostro ordine l’apprende e senza alcun velo. Voi sapete come io mi preparo ad ascoltare attentamente, sapete qual è quel dubbio che per tanto tempo mi ha tenuto in desiderio». – Come falcone che uscendo fuori del cappello, muove la testa e fa festa dibattendo le ali, mostrando voglia di volare in caccia e ringalluzzendosi; così io vidi divenire quell’insegna [dell’aquila] che era composta di spiriti lodatori della grazia divina, con canti che sa emettere solo chi gioisce in paradiso. Poi cominciò: «Colui [Iddio] che architettò e disegnò i confini della gran macchina del mondo, e dentro ad esso ordinò tante cose a noi occulte e tante manifeste, non poté così imprimere il suo valore a tutto l’universo, che il suo concetto non rimanesse infinitamente al disopra dell’intelletto d’ogni sua creatura. E ciò che io affermo è fatto certo da questo: che il primo superbo [Lucifero] che fu la più eccellente creatura, per non aspettare il lume della grazia divina, cadde dal cielo prima di esser confermato nella grazia e quindi apparisce che ogni altra creatura meno perfetta di Lucifero non può esser capace a comprendere il bene infinito [Iddio], che è il solo che possa comprendere e misurare sé stesso. – Dunque il nostro intendimento, il quale non è che uno dei raggi della mente divina, di che sono ripiene tutte le cose, non ha di sua natura tanto potere che non discerna l’intendimento onde esso ha lume e principio sotto apparenza molto lontana dal vero. – Però l’intendimento dell’umano genere s’interna entro la sempiterna giustizia, come occhio si spazia entro il mare; il quale occhio, benché dalla spiaggia veda il fondo, in alto mare non lo vede, e nondimeno anche in alto mare il fondo vi è, ma la profondità lo cela all’occhio. Non vi è lume al mondo se non viene dall’empireo, il quale non si turba mai, anzi ogni altro lume che non viene da Dio non è vero lume, ma tenebra o ignoranza cagionata dal gravame della carne, corruzione avvelenatrice della ragione. Ora puoi comprendere che l’insufficienza del tuo intendimento è quel nascondiglio nel quale stava celata l’inalterabile giustizia divina, intorno alla quale si questionava così spesso. – Perché tu dicevi: Un uomo nasce sulla riva del fiume Indo [fiume che dà nome all’ India] e qui non si trova nessuno che parli di Cristo né alcuno che legga o che scriva intorno alla sua fede; e tutti i suoi voleri ed i suoi atti sono buoni per quanto è dato giudicare alla umana ragione: egli è senza peccato sia nella condotta della vita, sia nel parlare. Muore questi senza battesimo e senza fede: or se egli non crede, dov’è questa giustizia, che lo condanna? Dov’è la sua colpa? Or chi sei tu che vuoi sedere in cattedra per giudicare a distanza di mille miglia con la vista corta di un palmo? – Certo, molti e molti dubbi sorgerebbero in mente a colui che ragionando meco si mostra sì arguto e sottile, se la Divina Scrittura non fosse guida e maestra a voi cristiani. O uomini terreni ed animaleschi, o menti ottuse! La prima volontà, che è buona di sua natura, fu sempre eguale a sé stessa, essendo sommo bene. – Tanto è giusto quanto ad essa consuona; nessun bene la tira a sé, ma essa stessa lo produce colla emanazione dei suoi raggi». Come la cicogna, quando ha pasciuto i figli, si aggira volando sopra il nido e come il cicognino, che è pasciuto rimira la madre; così prese ad aggirarsi sopra di me la benedetta immagine dell’aquila la quale, sospinta da tante volontà, agitava le ali e tale io [come il cicognino] alzai gli occhi. Roteando cantava e diceva: «Quali sono le mie parole a te che non le intendi, tale è l’eterno giudizio a voi mortali», Poiché quei lucenti lumi dello Spirito Santo cessarono il movimento, restando tuttavia nella forma dell’aquila, che rese i romani reverenti al mondo, esso ricominciò: «A questo beato regno non salì mai chi non credette in Cristo né prima né dopo la morte, di Lui. Ma vedi, molti gridano: Cristo, Cristo, i quali nel dì del giudizio saranno a Cristo meno vicini di coloro che non lo conobbero: e siffatti falsi cristiani saranno condannati dall’Etiope [Africano], quando si farà la gran divisione di tutti gli uomini in due schiere, una abbondevole d’ogni bene, l’altra eternamente povera. Quali vituperi non potranno dire i re persiani ai nostri re cattolici, allorché nell’universale giudizio vedranno aperto il volume nel quale sono scritte tutte le loro iniquità e turpi azioni, onde sono in dispregio a Dio e al mondo? Lì, in quel volume, tra le male opere di Alberto d’Austria, si vedrà scritta quella che or ora moverà la penna di Dio a registrarla, per la quale opera di ingiustizia e di oppressione il regno di Boemia sarà deserto. Lì si vedrà scritto il malcontento che col far battere moneta falsa cagiona sopra la Senna [in Parigi] colui [Filippo il Bello] che morrà in caccia della stessa morte del porco. Lì si vedrà scritta la superbia che mette sete di nuove conquiste nei re d’Inghilterra e di Scozia, cosicché nessun di loro può soffrire di starsene nei propri confini. Lì si vedrà scritta la lussuria e la molle vita del re di Spagna [Alfonso X] e del re di Boemia [Venceslao] che non conobbe né volle mai valore. Nel gran libro si vedranno segnate allo zoppo di Gerusalemme [re di Puglia e di Gerusalemme] le sue buone qualità colla cifra 1 [uno] e le cattive colla cifra M [mille]. Si vedrà l’avarizia e la vita di quel re [Federigo figlio di Pietro d’Aragona] che fa la guardia all’isola del fuoco [alla Sicilia dov’è il fuoco dell’Etna], nella quale Anchise finì la sua lunga vita; e a dimostrare quanto è misero d’animo, la scrittura che nella pagina del libro di Dio noterà le sue grette e vili azioni, sarà fatta con abbreviature, che molto esprimeranno in un piccolo spazio. E saranno a tutti manifeste le turpi azioni dello zio [Iacopo re di Maiorca e Minorca] e del fratello [Giacomo II re di Aragona], i quali hanno disonorato tale nobile prosapia ed hanno vituperato due corone. E lì conosceranno il re di Portogallo [Dionisio] e quello di Norvegia, e quello di Rascia che falsò la moneta di Venezia. O felice Ungheria, se non si lascia più malmenare, come ha fatto sin qui, dai suoi pessimi re! E beata Navarra se col suo monte [Pireneo] che la circonda, saprà difendersi! – tutti devono credere che già, quasi per caparra della verità di questo annunzio, Nicosia e Famagosta [città principali dell’Isola di Cipro] si lamentino e levino le grida per quella bestia del loro re, il quale va di pari passo colle altre bestie sopra nominate».
Guarda Anche
Riassunto – Canto 1° – Purgatorio – Divina Commedia
All’invocazione alle Muse, che occupa i primi dodici versi del canto, segue la ripresa del ...