Dante e Virgilio si trovano ancora sulla riva del mare quando vedono approdare sul lido una piccola imbarcazione a bordo della quale si trovano l’Angelo nocchiero e le anime degli espiandi che in coro intonano il salmo In exitu Israel). Dopo aver ricevuto la benedizione dell’Angelo, gli spiriti scendono sulla spiaggia, e ignari della strada da prendere per raggiungere la montagna del Purgatorio, chiedono informazioni ai due poeti. Virgilio risponde loro confessando di essere anch’egli inesperto del luogo. A quel punto, le anime si rendono conto che Dante è ancora vivo e la loro meraviglia è tale che per guardar lui dimenticano quasi di andarsi a purificare. Una di loro si fa avanti e pochi versi dopo apprendiamo che si tratta di Casella, il musico, amico di Dante. Quest’ultimo si mostra stupito di trovarlo in quel luogo e in quel momento, dato che molto tempo è ormai passato dalla morte di costui. Il dubbio del poeta non sarà sciolto che parzialmente dalle parole di Casella, il quale ricorda che è alle foci del Tevere che si raccolgono le anime destinate al Purgatorio. Dante che prima lo aveva pregato di fermarsi a parlare con lui adesso gli chiede di consolare il suo spirito con il canto, come faceva un tempo. Casella intona allora un testo dello stesso Dante, la canzone Amor che ne la mente mi ragiona, e la dolcezza del suo canto ammalia tutti, Virgilio compreso, distogliendoli dal loro dovere. A scuoterli dall’oblio interviene Catone, riapparso all’improvviso, che rimprovera la loro negligenza e incita le anime all’espiazione: esse allora, simili a colombe spaventate, fuggono verso il pendio del monte. E i due poeti riprendono il cammino.
Fonti: italica.rai.it