Io mi ero ormai allontanato da quelle ombre (le anime dei negligenti), e seguivo le orme della mia guida, quando alle mie spalle, indicandomi, una di esse gridò: « Osserva che il raggio del sole non si vede rilucere alla sinistra (Dante e Virgilio, mentre salgono, volgono le spalle a levante e il Sole, perciò, li colpisce a destra) di quello che sta sotto (Dante infatti segue Virgilio), e come sembra si comporti come un vivente!» Quando udii queste parole volsi lo sguardo, e vidi le anime guardare con stupore me, solo me, e i raggi dei sole che erano interrotti (dal mio corpo). « Perché, il tuo animo si lascia distrarre a tal punto » disse il maestro, « che rallenti i tuoi passi? che importanza può avere per te ciò che queste anime mormorano? Vieni dietro a me, e lascia parlare la gente: comportati come una torre solida, la cui cima non si muove mai per quanto i venti possano soffiare; poiché accade sempre che l’uomo nel quale continuamente un pensiero germoglia dall’altro, allontana da sé il raggiungimento della meta, in quanto l’impeto del nuovo pensiero indebolisce l’altro. » Che cosa potevo rispondere, se non « Io vengo »? Così infatti risposi, un poco soffuso di quel rossore che talvolta (quando la vergogna non induce all’ira per essere stato colto in errore e quando la colpa non è troppo grave) rende l’uomo degno di essere perdonato. Frattanto lungo la costa (del monte) in direzione trasversale (rispetto ai due poeti) avanzava un gruppo di anime che ci precedevano di poco, cantando il salmo « Miserere » a versetti alternati. Quando si accorsero che non lasciavo passare attraverso il mio corpo i raggi del sole, il loro canto si trasformò in un « Oh! » lungo e fioco; e due di loro, in qualità di messaggeri, corsero incontro a noi e ci chiesero: « Informateci della vostra condizione ». E il mio maestro: «Voi potete ritornare e riferire a coloro che vi hanno mandato che il corpo di costui è ancora vivo. Se essi si sono fermati perché hanno visto la sua ombra, come penso, hanno avuto una sufficiente spiegazione: lo accolgano con gentilezza, perché potrà essere prezioso per loro (chiedendo preghiere ai vivi, dopo essere ritornato nel mondo) ». Non vidi mai stelle cadenti fendere il cielo sereno all’inizio della notte, né, al tramonto del sole, (vidi mai) lampi fendere le nuvole d’agosto tanto rapidamente, che quelli non tornassero in minor tempo alla loro schiera; e, dopo esservi giunti, tornarono indietro con gli altri verso di noi come una schiera che si lancia in una corsa sfrenata. « Queste anime che si accalcano intorno a noi sono numerose, e vengono per pregarti » disse Virgilio: « tuttavia tu continua a procedere e mentre cammini ascolta. » « O anima che compi questo viaggio per purificarti con quel corpo al quale fosti legata fin dalla nascita » gridavano, « arresta un poco i tuoi passi. Guarda se mai hai visto qualcuno di noi, in modo da riportare notizie di lui sulla terra: perché cammini? perché non ti fermi? Noi un tempo fummo tutti uccisi con la violenza, e fummo peccatori fino all’ultirno istante della notra vìta: in punto di morte la grazia divina ci rese consapevoli dei nostri peccati, in modo che, pentendoci (dei nostri peccati) e perdonando (i nostri nemici), morimmo riconciliati con Dio, che ci consuma col grande desiderio di vederLo. » Ed io « Per quanto vi osservi attentamente, non riconosco alcuno di voi; ma se voi desiderate qualcosa che io possa fare, o spiriti destinati alla salvezza, ditemelo, ed io lo farò in nome di quella pace che debbo cercare attraverso i regni dell’oltretomba seguendo questa guida » Ed uno di quegli spiriti cominciò a parlare: «Ciascuno di noi si fida del tuo servigio senza bisogno di giuramenti, a meno, che una impossibilItà indipendente impedisca dì realizzare il tuo proposito. Perciò io, che parlo da solo davanti agli altri, ti prego, se mai tu possa vedere la Marca Anconetana (quel paese che siede tra Romagna e quel di Carlo: posto a sud della Romagna e a nord del regno di Napoli, governato nel 1300 da Carlo Il d’Angìò), di essere generoso nelle tue richieste per me nella città, di Fano, cosicché per me si preghi da persone in grazia di Dio affinché possa espiare le mie gravi colpe. Nacqui in questa città, ma le ferite mortali dalle quali sgorgò il sangue nel quale risiedeva la mia anima (in sul quale io sedea: era pensiero comune, ai tempi di Dante, che il sangue fosse la sede dell’anima), mi furono prodotte nel territorio di Padova (in grembo alli Antenori: Antenore fu il troiano fondatore di Padova, secondo Virgilio – Eneide I, versi 247 sgg.). là dove, io ritenevo di essere più sicuro (essendo fuori del territorio estense): fui ucciso per volere di Azzo VIII, che mi aveva in odio assai più di quello che fosse giusto. Ma se io fossi fuggito verso Mira (borgo tra Padova e Oriago), quando fui raggiunto (dai sicari) nelle vicinanze di Oriago, sarei ancora nel mondo dei vivi. Invece corsi verso una palude, e le canne palustri e il fango mi avvilupparono a tal punto, che caddi; e in quel luogo vidi il mio sangue formare in terra un lago », Poi parlò un altro spirito: « Possa realizzarsi quel desiderio (il ricongiungimento a Dio) che ti porta verso l’alto monte del purgatorio, (in nome di questo augurio) cerca di aiutare il mio (che è identico al tuo) con preghiere efficaci ! Appartenni alla casata dei Montefeltro, sono Bonconte: Giovanna (vedova di Bonconte) o altri miei parenti non si preoccupano di me; per questo cammino fra costoro a fronte bassa ». E io gli risposi: « Quale forza (umana o divina) o quale caso fortuito ti trascinò così lontano da Campaldino, che non si conobbe mai la tua sepoltura? » « Oh! » rispose, « ai piedi dei monti del Casentino scorre nella valle un torrente chiamato Archiano, che nasce sull’Appennino sopra l’eremo di Camaldoli. Arrivai, ferito alla gola, nel punto in cui esso perde il suo nome (‘l vocabol suo diventa vano: perché si getta nell’Arno), fuggendo a piedi e insanguinando la terra. Qui i miei occhi si velarono, e la mia voce si spense pronunciando il nome di Maria, e qui caddi e il mio corpo rimase inanimato. Ti racconterò cose vere e tu le riferirai nel mondo dei vivi: l’angelo di Dio prese la mia anima, mentre il diavolo gridava: “Perché mi privi di quest’anima peccatrice, tu che sei un angelo del cielo? Porti via con te l’anima di costui per una lagrimuccia che me la sottrae; ma userò per il corpo (dell’altro) un trattamento ben diverso!” Tu sai con chiarezza come nell’aria si raccoglie il vapore acqueo che si trasforma di nuovo in acqua, non appena sale nella regione fredda del cielo. Sopraggiunse il diavolo che desidera soltanto il male con il suo intelletto, e provocò il vapore acqueo e il vento con quel potere che gli proviene dalla sua natura. Poi, non appena giunse la notte, coperse di nebbia la valle (di Campaldino) dal monte Pratomagno alla Giogaia di Camaldoli; e provocò nel cielo un così grande ammasso di vapori, che l’aria satura di nubi si convertì in acqua: cadde la pioggia e quella parte di essa che la terra non riuscì ad assorbire si raccolse nei fossi; e quando raggiunse i torrenti, si convogliò verso l’Arno (fiume real: secondo l’espressione usata nel Medioevo per indicare i fiumi che sfociano in mare) con tanta velocità, che nessun ostacolo potè trattenerla. L’Archiano in piena trovò il mio cadavere alla sua foce, e lo spinse nell’Arno, e sciolse dal mio petto la croce che avevo fatto delle mie braccia quando mi aveva sopraffatto il dolore del pentimento: mi voltò lungo le rive e sul fondo; poi mi coperse e mi nascose con i suoi detriti. »« Quando sarai tornato nel mondo, e ti sarai riposato del lungo cammino », disse un altro spirito dopo il secondo, «ricordati di Pia: Siena mi diede i natali; la Maremma mi diede la morte; (come morii) lo sa colui che prima mi aveva dato l’anello nuziale prendendomi in moglie. »
Fonti: parafrasidivinacommedia.jimdo.com