Il canto si apre con il Pater noster recitato in coro dalla schiera dei superbi e al termine della preghiera Virgilio chiede alle anime quale sia il modo più veloce e più semplice per salire al girone superiore: una di esse, dopo aver soddisfatto la richiesta del poeta, comincia a narrare la propria storia presentandosi come Omberto Aldobrandeschi. Al tacere di costui Dante si china nel tentativo di riconoscere qualcuno e apostrofato da un’anima riconosce in essa l’amico di un tempo, il famoso miniatore Oderisi da Gubbio: costui ribadisce la pochezza e la transitorietà della fama ricordando come la sua arte sia già stata offuscata da quella di Franco, quella di Cimabue dalla pittura di Giotto e come Guinizzelli, ottenuto il primato sul Cavalcanti, stia già per esserne privato da un altro poeta. La rinomanza terrena, dice Oderisi, altro non è, se commisurata allo scorrere dei millenni, che un alito di vento ed effimera come il colore dell’erba, e non ha importanza, rispetto all’eternità, se un uomo muore vecchio oppure ancora bambino. A questo punto il miniatore indica a Dante lo spirito del senese Provenzan Salvani, famoso un tempo e di cui ora a fatica si ricorda il nome. Il poeta, che presume che nessuno preghi per quell’anima e che Provenzano si sia pentito in extremis, chiede perché egli non si trovi nell’Antipurgatorio. Oderisi gli narra allora come Provenzano, dimessi orgoglio e superbia, avesse rinunciato a tutti i suoi beni per salvare un amico: sarebbe stato dunque premiato per questo gesto. Poi Oderisi smette di parlare, annunciando in modo sibillino a Dante il suo imminente esilio.
Fonti: italica.rai.it