I beati del cielo di Marte interrompono il canto perché Dante possa indirizzare loro le sue domande. Intanto una delle luci che costellano la croce scende lungo il braccio destro e la parte mediana fino ai piedi di essa e si rivolge al Poeta con tono particolarmente affettuoso: è l’anima di Cacciaguida, trisavolo di Dante, il quale, tuttavia, non riesce ad afferrare il senso delle sue parole, essendo queste troppo al di sopra delle umane possibilità di comprensione. Solo in un secondo tempo il discorso di Cacciaguida si chiarisce alla mente del Poeta, il quale viene invitato ad esprimere i propri desideri. Poiché Dante gli ha chiesto di poter conoscere il suo nome, l’anima beata glielo rivela. Subito dopo Cacciaguida delinea l’aspetto dell’ antica Firenze, allorché la città viveva in pace e nell’osservanza di tutte le leggi morali, contrapponendo a questa serena visione quella della Firenze attuale, dilaniata dalle lotte e corrosa dall’immoralità. Cacciaguida ricorda i retti costumi dei Fiorentini antichi, la loro serena vita familiare, il culto delle memorie del passato.Nella parte finale del canto Cacciaguida, dopo aver ricordato il nome dei suoi due fratelli, Moronto ed Eliseo, e quello della moglie, parla della propria vita. Entrò al servizio dell’imperatore Corrado III, dal quale fu fatto cavaliere. Lo seguì nella seconda crociata per la riconquista della Terrasanta e morì combattendo contro i Saraceni.
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