Nel Primo Mobile appare a Dante un punto luminosissimo (Dio), intorno al quale si muovono nove cerchi concentrici (i cori angelici). Il Poeta osserva che questi cerchi, dal primo al nono, aumentano in grandezza e diminuiscono in splendore. Tale fatto suscita in lui un grave dubbio: nell’ordine cosmico i cieli, quanto più si allontanano dalla terra (centro dell’universo), tanto più appaiono vasti, mentre, nei cerchi angelici, quello più vicino a Dio è il più piccolo. Poiché dalle intelligenze angeliche dipende e viene regolato il moto dei cieli, come può essere spiegata questa contraddizione? Nelle sfere fisiche – chiarisce Beatrice – la grandezza è in proporzione della potenza o “virtù” che viene infusa in esse dalle intelligenze angeliche, per essere poi trasmessa al mondo sottostante perciò il cielo più grande è quello più dotato di virtù e, quindi, più potenzialmente capace di influssi salutari. Occorrerà, dunque, che i cieli più vasti siano governati dalle intelligenze angeliche più dotate di virtute. Per questo al cielo più grande, il Primo Mobile, corrisponderà il cerchio angelico più vicino a Dio: quello dei Serafini, il più piccolo di tutti. Poi Beatrice enumera a Dante tutti i nove cori angelici, raccogliendoli in tre gerarchie, ciascuna delle quali costituita da tre cori: Serafini – Cherubini – Troni, Dominazioni – Virtù – Potestà, Principati – Arcangeli – Angeli. Negli ultimi versi del canto Dante dichiara di accogliere, riguardo alle intelligenze celesti, la disposizione fissata da Dionigi l’Areopagita, respingendo quella di Gregorio Magno.
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