Tutti i beati innalzano un inno di lode alla Trinità, mentre Dante prova un senso di smarrimento di fronte alla beatitudine del paradiso, che egli percepisce con lo sguardo e con l’udito. San Pietro, mentre la sua luce acquista un’intensa tonalità rosseggiante, inizia una violentissima invettiva contro Bonifacio VIII, al quale rivolge l’accusa di aver trasformato Roma, la città santa per tutti i fedeli, in una grande cloaca di vizi e di corruzione. La Chiesa – continua San Pietro – non fu fondata con il sangue di Cristo e allevata con il sangue dei martiri per diventare uno strumento di arricchimento in mano a pontefici indegni, né per provocare feroci divisioni e sanguinose lotte di parte fra cristiani (è, questo, un riferimento diretto alle fazioni politiche dei Guelfi e dei Ghibellini). Le chiavi pontificie devono essere simbolo dell’autorità spirituale del papato, non insegna degli eserciti papali mandati a combattere contro cristiani. L’immagine di San Pietro impressa sui sigilli dei papi non può essere adoperata per sigillare privilegi e benefici acquistati con la simonia. Tuttavia – conclude l’Apostolo – presto la Provvidenza porrà fine a questa rovinosa situazione della Chiesa. I beati, apparsi nell’ottavo cielo per assistere al trionfo di Cristo, risalgono, in grandiosa processione, all’Empireo, mentre Beatrice incita il suo discepolo a misurare il cammino percorso con il cielo Stellato nella costellazione dei Gemelli. Poi entrambi ascendono al Primo Mobile, l’ultimo dei cieli fisici, al di sopra del quale si trova solo l’Empireo. Dopo avere spiegato le caratteristiche di questa sfera, Beatrice, sull’esempio di San Pietro, rivolge una dura invettiva contro l’umanità, accusandola di mirare solo ai beni terreni. Anch’ella, tuttavia, preannuncia il prossimo, atteso rimedio a questa corruzione.
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