Continua il dialogo fra Dante e Cacciaguida, che nel canto precedente ha tratteggiato l’immagine della Firenze del passato. Ora il Poeta gli rivolge una serie di domande precise: chi furono i comuni antenati, in quale periodo il trisavolo visse, quali furono le caratteristiche dell’ovile di San Giovanni nei tempi passati e quali le famiglie più ragguardevoli. Illuminandosi di gioia nel rispondergli, Cacciaguida rivela di essere nato alla fine del secolo XI, aggiungendo che le case della sua famiglia si trovavano dentro la prima cerchia di mura: garanzia, questa, di antica nobiltà. La popolazione fiorentina era assai meno numerosa di quella dei tempi del Poeta, ma di sangue più puro. Ora, invece, essa è contaminata dalla presenza di famiglie venute dal contado, che la città, nella sua progressiva espansione, è giunta ad assorbire. Anche il numero dei nobili è aumentato, poiché molti feudatari, vinti dal comune fiorentino, sono stati costretti ad abbandonare il contado e a trasferirsi in città. Origine di questi sconvolgimenti sociali e politici è l’intervento della Chiesa in campo temporale a danno degli interessi dell’ impero, che non può più opporsi all’espansione dei centri cittadini. Tuttavia questa mescolanza di stirpi e di famiglie porterà ad un aumento delle discordie e delle lotte civili e, quindi, ad una rapida decadenza delle città. Nella seconda parte del canto Cacciaguida enumera moltissime famiglie nobili della Firenze antica, ormai scomparse o in via di decadimento e conclude il suo discorso ricordando le famiglie degli Adimari e dei Buondelmonti, il cui dissidio causò le prime divisioni della città.
Guarda Anche
Riassunto – Canto 1° – Purgatorio – Divina Commedia
All’invocazione alle Muse, che occupa i primi dodici versi del canto, segue la ripresa del ...